giovedì 14 febbraio 2013

14 febbraio


San Valentino vescovo




VALENTINO, santo. - Si ricordano con questo nome, nel Martirologio romano, al 14 febbraio, due martiri: un prete romano che sarebbe stato decapitato sulla via Flaminia, sotto l'imperatore Claudio II, nel 269 o 270; e un vescovo di Terni, consacrato da S. Feliciano di Foligno, e decapitato in Roma nel 273. Comunque stia la questione dell'identità o meno dei due martiri omonimi, è certo che il culto di S. Valentino ha in Roma tradizioni antichissime, come è provato dall'esistenza del cimitero di S. Valentino sulla via Flaminia (v. catacombe, IX, p. 398; cfr. J. P
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fonte : Treccani, l'enciclopedia italiana



LA LEGGENDA
La festa del vescovo e martire Valentino si riallaccia agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire ternano la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli. Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice.  Le più celebri sono quelle della Rosa della riconciliazione e di Sabino e Serapia.
La prima vuole che san Valentino, sentendo un giorno bisticciare due giovani fidanzati, che stavano passando al di là della siepe del suo giardino, uscì loro incontro tenendo in mano una bella rosa. Il capo canuto, il volto sereno e sorridente del buon vecchio e quella rosa, tenuta in alto col gesto di donarla, ebbero il magico potere di calmare i due innamorati in lite. Quando poi egli, donando realmente quel purpureo fiore, volle che tutti e due insieme stringessero il gambo con cautela per non pungersi e spiegò il "cor unum" di due persone sposate, l'amore era tornato come prima.

I due tornarono poi da lui finché, come desiderava, non fu proprio il Santo Vescovo a benedire il loro matrimonio felicissimo.
La cosa si riseppe e allora fu una processione ad invocare il patrocinio di lui sulle famiglie da fondare.
Il Vescovo, però, aveva anche altre occupazioni pastorali alle quali accudire, perciò stabilì per quella benedizione il quattordici del mese. Ed il quattordici del mese è restato, ma ristretto a quello di febbraio, perché in quel giorno egli andò a celebrare le sue nozze in Paradiso.


La leggenda di Sabino e Serapia, invece è rifiorita nel Novecento dopo il ritrovamento, a Pentima, di un sarcofago contentente gli scheletri di due giovani:  c'era una bella ragazza di nome Serapia, la quale abitava in una piazza di Terni, l'attuale Piazza Clai. Passando spesso di lì un giovane centurione romano, di nome Sabino, la osservò più volte, se ne innamorò e la chiese in sposa. I parenti di lei, però, non volevano, perché Sabino era pagano mentre loro erano tutti cristiani. Allora lei gli suggerì di andare dal loro Vescovo e farsi istruire ben bene e farsi battezzare. Cosa che egli per amore di lei fece.

Ma quando questo ostacolo era stato sormo ntato, ne sorse uno grandissimo. Si scoprì che Serapia era affetta da una forma di tisi avanzatissima. Disperazione dei genitori e del giovane legionario romano.Fatto venire il santo Vescovo presso il letto della moribonda, Sabino supplicò il Santo che non permettesse che egli si separasse dalla sua amata. La vita gli sarebbe riuscita un lungo martirio insopportabile.
Valentino alzò le mani e la voce al Padre di tutti. Ed un sonno beatificante unì per l'eternità quei due cuori dal palpito sincrono, mentre si stringevano per l'eternità


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