il sole è tramontato, ancora poche ore e anche Ottobre finisce...
" I due alberi" di Giovanni Pascoli
Vento dei Santi, il giorno si raccoglie
già per morire; e tu su’ due gemelli
alberi soffi, e stacchi lor le foglie.
Ora le tocchi appena, ora le svelli:
quali cadono a una a una, quali
partono a branchi, come vol d’uccelli.
Tutta una fuga, quando tu li assali,
si fa nel cielo, e in terra, fra le zolle,
un fruscìo grande, un vano tremor d’ali:
stridono e vanno, girano in un folle
vortice, frullano inquïete attorno,
calano con un abbandono molle.
A volte sembra muovano al ritorno,
a sbalzi... Ma, tu le riprendi, e porti
con te, via. Tutte son cadute e il giorno
è morto: tu lo sai, vento dei Morti!
ii
Viene col vento un canto di preghiera
e di tristezza, e vanno via le foglie
con lui, stridendo in mezzo alla bufera:
“Noi di noi siamo le fugaci spoglie:
la nostra vita è sempre là dov’era.
Il vento in vano all’albero ci toglie:
là rinverzicheremo a primavera„.
Col vento via le vane foglie vanno;
gemono, mentre intorno si fa sera.
“Non torneremo al rifiorir dell’anno:
noi ce n’andiamo avvolte nell’oblìo.
Non fu la vita che un fugace inganno.
L’albero è morto. Addio per sempre! Addio!„
È morto il giorno, ed anche muor la sera,
ed anche muore il canto tristo e pio.
E il cielo splende su la terra nera.
iii
Il vento trova la sua strada ingombra
di foglie e stelle. Gli alberi, sparito
e l’uno e l’altro. Io vedo una grande ombra.
Ne vedo un solo. All’animo lo addito,
l’albero solo. Spunta da un velame
di nebbia eterna, ed empie l’Infinito.
Protende le invisibili sue rame
cui sono appesi d’ogni parte i mondi.
Si crolla ad un grande alito il fogliame;
e d’un perenne tremolìo le frondi
lustrano ardenti. Alcuna cade e brilla
giù per gli abissi ceruli, profondi.
Io, sotto la corona, che sfavilla,
dell’Universo, odo, smarrito assòrto,
uno stridìo. Forse una foglia oscilla
ancora a un ramo dell’albero morto.
Nuovi Poemetti - 1909
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