Il Commiato
da Alcyone - 1903
L’Alpe di
Mommio un pallido velame
d’ulivi
effonde al cielo di giacinto,
come un colle
dell’isola di Same
o di Zacinto.
Il Monte Magno di più cupo argento
fascia la sua
piramide; il Matanna
è porpora e
viola come il lento
fior della
canna.
O canneti
lungh’essi i fiumicelli
di Camaiore, appreso ho il vostro carme.
Vedess’io
rosseggiare gli albatrelli
sul Monte
Darme!
Dal Capo Corvo
ricco di viburni
i pini
vedess’io della Palmaria
che col lutto de' marmi suoi notturni
sta solitaria!
Potess’io
sostenerti nella mano,
terra di Luni,
come un vaso etrusco!
In te amo il
divin marmo apuano,
l’umile rusco;
amo la tua
materia prometèa,
la sabbia
delle tue selve aromali,
l’aquila dei
tuoi picchi, la ninfea
de' tuoi
canali.
Potesse l’arte mia, da Val di Serchio
a Val di Magra
e per le Pànie al Vara
e al Golfo,
tutta stringerti in un cerchio
con l’alpe a
gara!
Troppo è grave
al mio cor la dipartenza.
Come dal corpo, l’anima si esilia
dal marmo che
biancheggia tra l’Avenza
e la Versilia.
Tempo è di
morte. In qualche acqua torpente
or perisce la
dolce carne erbale.
Strider non s’ode falce ma si sente
odor letale.
Díruta la
Ceràgiola rosseggia,
là dove
Serravezza è co' due fiumi,
quasi che fero
sangue in ogni scheggia
grondi e s’aggrumi.
Sta nella
cruda nudità rupestre
il Gàbberi
irto qual ferrato casco.
|
Gustav Klimt |
Ecco, e su i
carri per le vie maestre
passa il
falasco.
Metuto fu dalla più grande falce
nella palude
all’ombra del Quiesa,
ove raggiato
di vermène il salce
par chioma
accesa
tra cannelle
di stridulo oro secco,
tra pigro sparto di pallor bronzino.
Su l’acqua un
lampo di smeraldo, e il becco
tuffa il
piombino.
Deh foss’io
sopra un burchio per la cuora
navigando, e
di tifa e di sparganio
carico ei fosse, e fossèvi alla prora
fitto un
bucranio
o un nibbio
con aperte ali, e vi fosse
odore di
garofalo nel mucchio
per qualche
cunzia dalle barbe rosse
onde il suo succhio
sì caro
all’arte dell’aromatario
stillasse fra
l’erbame, e resupino
vi giacessi io
mirando il solitario
ciel
iacintino;
e scendessi così, tra l’acqua e il cielo
con l’alzaia
la Fossa Burlamacca
albicando qual
prato d’asfodèlo
la morta
lacca;
e traesse il
bardotto la sua fune
senza canto per l’argine; ed io, corco
sul mucchio,
mi credessi andare immune
di morte
all’Orco!
Ma cade il
vespro, e tempo è d’esulare;
e di sogni
obliosi in van mi pasco.
Su i gravi carri lungo le vie chiare
passa il
falasco.
Sono sì vasti
i cumuli spioventi
che il timone
soperchiano dinnanzi
e il giogo
cèlano e le corna e i lenti
corpi dei manzi,
onde sembran
di lungi per sé mossi
e tra la polve
aspetto hanno di strani
animali dai
gran lanosi dossi,
dai ventri immani.
In fila
vanno verso Pietrasanta,
strame ai
presepi, ai campi aridi ingrasso.
L’un
carrettiere vócia e l’altro canta
a passo a
passo.
E tutta la
Versilia, ecco, s’indora
d’una
soavità che il cor dilania.
Mai fosti
bella, ahimè, come in quest’ora
ultima, o
Pania!
O Tirreno,
Mare Infero, s’accende
sul tuo
specchio l’insonne occhio del Faro;
ti veglia e
guarda con le sue tremende
navi d’acciaro
la Città Forte
dietro il Caprione
sacro agli
Itali come ai Greci il Sunio;
t’è scheggia
della spada d’Orione
il
novilunio;
come sia fatta l’ombra, alla tua pace
verseranno lor
lacrime le Atlàntidi,
ti condurrà
l’ignavo Artofilace
l’Orse
erimàntidi;
s’udrà pe'
curvi lidi il tuo respiro
solo
nell’ombra senza mutamento;
solo
rispecchierai l’immenso giro
del
firmamento.
O Mare, o
Alpe, ed io sarò lontano
con nel mio
cuor la torbida mia cura!
Splende la
cima del mio cuore umano
nell’ode pura.
Ode, innanzi
ch’io parta per l’esilio,
risali il
Serchio, ascendi la collina
ove
l’ultimo figlio di Vergilio,
prole divina,
quei che
intende i linguaggi degli alati,
strida di
falchi, pianti di colombe,
ch’eguale
offre il cor candido ai rinati
fiori e
alle tombe,
quei che fiso guatare osò nel cèsio
occhio e nel
nero l’aquila di Pella
e udì nova
cantar sul vento etèsio
Saffo la
bella,
il figlio
di Vergilio ad un cipresso
tacito siede,
e non t’aspetta. Vola!
Te non reca la
femmina d’Eresso,
ma va pur
sola;
ché ben
t’accoglierà nella man larga
ei che
forse era intento al suono alterno
dei licci o
all’ape o all’alta ora di Barga
o al verso
eterno.
Forse il libro
del suo divin parente
sarà con lui,
su' suoi ginocchi (ei coglie
ora il
trifoglio aruspice virente
di quattro
foglie
e ne fa segno
del volume intonso,
dove Títiro
canta? o dove Enea
pe' meati del
monte ode il responso
della
Cumea?).
Forse la suora dalle chiome lisce,
se i ferri
ella abbandoni ora ch’è tardi
e chiuda nel
forziere il lin che aulisce
di spicanardi,
sarà con
lui, trista perché concilio
vide folto di
rondini su gronda.
E tu gli
parla: "Figlio di Vergilio,
ecco la
fronda.
Ospite
immacolato, a te mi manda
il fratel
tuo diletto che si parte.
Pel tuo nobile
capo una ghirlanda
curvò con
arte.
E chi coronerà
oggi l’aedo
se non l’aedo
re di solitudini?
Il crasso
Scita ed il fucato Medo
la Gloria ha
drudi;
e, se barbarie
genera nel vento
nuovi mostri,
non più contra l’orrore
discende Febo
Apollo arco-d’-argento
castigatore.
Ma tu custode sei delle più pure
forme, Ospite.
Col polso che non langue
il prisco vige
nelle tue figure
gentile
sangue.
Gli uomini
il tuo pensier nutre ed irradia,
come l’ulivo
placido produce
agli uomini la
sua bacca palladia
ch’è cibo e
luce.
Per ciò dal
fratel tuo questa fraterna
ghirlanda
ch’io ti reco messaggera
prendi: non
pesa: ell’è di fronda eterna
ma sì leggera.
Fatta è d’un
ramo tenue che crebbe
tra l’Alpe e
il Mare, ov’ebbe il Cuor de' cuori
selvaggio
rogo e il Buonarroti
v’ebbe
i suoi furori.
L’artefice nel
flettere lo stelo
vedea sul
Sagro le ferite antiche
splendere e su
l’Altissimo l’anelo
peplo di
Nike.
Altro è il
Monte invisibile ch’ei sale
e che tu sali
per l’opposta balza.
Soli e
discosti, entrambi una immortale
ansia
v’incalza.
Or dove i
cuori prodi hanno promesso
di
rincontrarsi un dì, se non in cima?
Quel dì voi
canterete un inno istesso
di su la
cima".
Ode, così gli
parla. Ed alla suora,
che vedrai
di dolcezza lacrimare,
dà l’ultimo ch’io colsi in su l’aurora
giglio del
mare.
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Gabriele D'Annunzio a cavallo sulle spiagge della Versilia |
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