domenica 20 ottobre 2013

LA CUCITRICE - Poesia

GIOVANNI PASCOLI
da
MYRICAE

Knud Eric Larsen ( 1865 - 1922 )



La Cucitrice



   L'alba per la valle nera
   sparpagliò le greggi bianche:
   tornano ora nella sera, 
   e s'arrampicano stanche;
   una stella le conduce.

   Torna via dalla maestra
   la covata, e passa lenta:
   c'è del biondo alla finestra
   tra un basilico e una menta:
   è Maria che cuce e cuce.

  Per chi cuci e per che cosa?
  un lenzuolo?  un bianco velo?
  Tutto il cielo è color rosa,
  rosa e oro, tutto il cielo
  sulla testa le riluce.

  Alza gli occhi dal lavoro:
  una lagrima?  un sorriso?
  Sotto il cielo rosa e oro,
  chini gli occhi, chino il viso,
  ella cuce, cuce, cuce.


*********************************************************************************





MYRICAE
Raccolta di poesie 






(di seguito, dalla 3a edizione del 1894)

PREFAZIONE 
    Rimangano rimangano questi canti su la tomba di mio padre!... Sono frulli d’uccelli, stormire di cipressi, lontano cantare di campane: non disdicono a un camposanto. Di qualche lagrima, di qualche singulto, spero trovar perdono, poichè qui meno che altrove il lettore potrà o vorrà dire: Che me ne importa del dolor tuo?
    Uomo che leggi, furono uomini che apersero quella tomba. E in quella finì tutta una fiorente famiglia. E la tomba (ricordo un’usanza africana) non spicca nel deserto per i candidi sassi della vendetta: è greggia, tetra, nera.
    Ma l’uomo che da quel nero ha oscurata la vita, ti chiama a benedire la vita, che [p. viii]è bella, tutta bella; cioè, sarebbe; se noi non la guastassimo a noi e a gli altri. Bella sarebbe; anche nel pianto che fosse però rugiada di sereno, non scroscio di tempesta; anche nel momento ultimo, quando gli occhi stanchi di contemplare si chiudono come a raccogliere e riporre nell’anima la visione, per sempre. Ma gli uomini amarono più le tenebre che la luce, e più il male altrui che il proprio bene. E del male volontario dànno, a torto, biasimo alla natura, madre dolcissima, che anche nello spengerci sembra che ci culli e addormenti. Oh! lasciamo fare a lei, che sa quello che fa, e ci vuol bene.
     Questa è la parola che dico ora con voce non anco ben sicura e chiara, e che ripeterò meglio col tempo: le dia ora qualche soavità il pensiero che questa parola potrebbe essere di odio, e è d’amore.

Livorno, marzo del 1894 
 







Nessun commento:

Posta un commento