lunedì 8 ottobre 2012

MICHELANGELO ANTONIONI

1912 - 2007
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA


http://www.michelangeloantonioni.it

leggi
by New York Times




L' ECLISSE  (1962)




Michelangelo Antonioni: L'Eclisse

Di Spleen


fonte: www.debaser.it

Opera recensita da Spleen

e valutata: ●●●●●
Informazioni nel web: Michelangelo Antonioni
Opere collegate: L'Eclisse
Artisti collegati: Michelangelo Antonioni «Una serie impressionante di film orripilanti che lo collocano nell'Olimpo dei peggiori registi di tutti i tempi»
"1962. A Firenze per vedere e girare l'eclisse di sole. Gelo improvviso. Silenzio diverso da tutti gli altri silenzi. Luce terrea, diversa da tutte le altre luci. E poi buio, immobilità totale. Tutto quello che riesco a pensare è che durante l'eclisse probabilmente si fermeranno anche i sentimenti. È un'idea che ha vagamente a che fare con il film che stavo preparando, una sensazione più che un'idea, ma che definisce già il film quando ancora il film è ben lontano dall'essere definito. Avrei dovuto mettere nei titoli di testa di "L'eclisse" questi due versi di Dylan Thomas:"... qualche certezza deve pure esistere, se non di amare bene, almeno di non amare" è Antonioni stesso che parla di come immaginasse che l'eclissi di sole porti a un congelamento dei rapporti, dell'amore.
Il film racconta la storia di Vittoria, un'elegante ragazza borghese interpretata da Monica Vitti, che chiude una lunga relazione con
il suo fidanzato perchè "quando ci siamo incontrati avevo vent'anni...io ero felice": si parte quindi subito da una palude dei sentimenti, un oscuramento del rapporto chiuso in questa stanza buia, pesante e opprimente, un amore che non ha più nulla da dire (alle domande di lui Vittoria risponde spesso con "non lo so").
Accompagnando in Borsa la madre, arida donna borghese interessata solo ai soldi, alle perdite in Borsa e a non ritornare nella miseria, Vittoria conosce Piero, interpretato da Alain Delon, giovane impiegato di Borsa impegnato nelle manovre finanziare e senza farsi troppe domande sulla vita.
Vittoria cerca di sfuggire allo spleen oscillando tra momenti di evasione e felicità, come a casa dell'amica del Kenia improvvisando una danza (ormidabile la Vitti da negra) e nel viaggio in aereo dove sembra ritrovare un rapporto armonico e romantico con la realtà, la natura ("entriamo nella nuvola") e le emozioni e tra momenti di estraniamento e incomunicabilità, momenti si è soli in mezzo a tanti, dove i sentimenti sono congelati. "ci sono giorni in cui avere in mano una stoffa, un ago, un libro e un uomo ed è la stessa cosa". Nel cinema di Antonioni parlano gli spazi: la Borsa strapiena di gente che urla, preoccupata di arricchirsi, di mettere da parte di fare strategie non pensa più a nulla e Vittoria che non riesce ad essere così e in mezzo a questa folla, sola in mezzo agli altri, sperduta. Oppure certi spazi dei nuovi quartieri romani: il film si ambienta a Roma anche se non vediamo i soliti monumenti (a parte una volta vedendo un tempio) per cui anche qualcosa che dovrebbe esserci conosciuto viene svuotato dai significati soliti e acquista un nuovo punto di vista (stessa cosa che fa Fellini nella Dolce Vita e i francesi della Nouvelle Vague).
Questi quartieri sembrano le "Piazze d'Italia" di Giorgio de Chirico (il filare di pali illuminati nel buio, l'edificio coi ponteggi dei rendez vous tra i due amanti o certi scorci) e infatti hanno un "effetto metafisico", rendendo estraniante, perturbante qualcosa di familiare e creano in Vittoria uno sguardo ansioso e malinconico ma anche stupido, come un non saper cosa essere, cosa fare. Ê l'Italia del boom economico in pieni anni 60 (la canzone d'apertura è un twist di Mina) e Antonioni, come altri registri, vede come il paese sta mutando ad una velocità sorprendente andando cosî perdendo anche certi aspetti umani scivolando verso la chiusura di relazioni e un mondo più tecnologico, dove è importante fare, produrre, essere qualcuno che fermarsi a sentire, pensare e amare.
Tra i due iniziano degli appuntamenti e degli incontri, in cui Vittoria evade dallo spleen esistenziale ma nel frattempo si rende conto della vera natura del ragazzo, che si preoccupa di avere danneggiato la vettura dell'auto piuttosto che della morte del poveraccio che gliel'aveva sottratta. Tra i due continua la scoperta, un giocare intorno al romanticismo (splendida la scena in cui mentre attraversano una strada Piero dice: "arrivati là ti do un bacio" e sul punto di baciarsi tra i due si inserisce l'alienazione dei loro sguardi) che forse nasconde un vuoto, un angoscia o forse solo una profonda noia borghese (in una discussione lei dice a lui "vorrei non amarti o amarti molto meglio").
Dopo essersi dati un appuntamento alla stessa ora nello stesso posto (ci vediamo domani e dopodomani e l'altro ancora e stasera i due amanti si lasciano con un abbraccio che sembra un addio, celando qualcosa di strano nei loro occhi e, mentre il sole si eclissa, il pulman passa alla stessa ora, nessuno dei due si presenterà. La scena finale, magnifica termina col l'inquadratura sul posto dove i due si incontrano e come viene trasfigurato dall'eclisse diventando qualcosa di inquietante così come l'uomo moderno forse può diventare senza il cuore. Questo non viene detto esplicitamente da Antonioni, il regista non vuole mai lanciare pensieri forti, messaggi troppo chiari ma piuttosto cerca che sia lo spettatore a creare il significato, che è la vera essenza del cinema moderno, così come i finali aperti.
Purtroppo spesse volte quest'ultimo aspetto viene scambiato con snobismo o con noia ma credo che è una spiegazione facile e ingenua, si tratta piuttosto diun cinema di un esteta con un talento magnifico per le immagini e per le atmosfere, cose ormai dimenticate.
Da segnalare: perfetta la Vitti come attrice, per me la più elegante del cinema italiano e l'accoppiata con Delon è ben riuscita nelle scene d'amore e in quelle comiche.

Nessun commento:

Posta un commento