Renato Fucini
(Neri Tanfucio)
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racconto da
LE VEGLIE DI NERI
Milano - Casa Editrice Luigi Trevisini
edizione del 1934
Vanno in Maremma
Questa me la raccontò nel canto del fòco l'amico
Raffaello, quella sera che m'invitò a cena a mangiare le pappardelle sulla
lepre.
Il sei di dicembre dell'anno passato, te ne ricorderai e se
non te ne ricordi non importa, fece un tempo da diavoli. A guardare la
montagna poi, era uno spavento; e anche di quaggiù si sentiva la romba della
bufera che mugolava fra i castagni, mandando fino a noi qualche foglia secca
insieme col sinibbio che strepitava sui vetri delle finestre come la grandine.
Io son fatto peggio delle gru: più cattivo è il tempo, e più sento il
bisogno d'essere in giro. E volli uscire con lo schioppo in cerca di qualche
animale.
A un mezzo miglio da casa, sulla via maestra, incontrai Maso
del Gallo tutto imbacuccato, e lo fermai per sentire se sapeva punti
beccaccini.
«Dio signore! sor Raffaello», mi disse soffiandosi nelle
mani, «non mi faccia fermare; mi par d'esser diventato un pezzo di marmo.»
«Insegnami un beccaccino.»
«Ce n'ho uno nella madia che l'ammazzai l'altra sera
all'aspetto. Se vòl quello, lo vada a pigliare, ma altri non ne so davvero.»
«O come mai?»
«O dove li vòl trovare, benedetto lei, se è tutto una
spera di ghiaccio? Torni, torni indietro, ché piglierà un malanno. Ma non lo
sente che lavoro è questo?»
Infatti si durava fatica a star ritti, tanta era la forza
del vento gelato che, avendogli voltato contro le spalle, ci tormentava
sbacchiandoci nel collo un nevischio duro e tagliente come vetro.
Distratto da una truppa di cinque persone che ci passarono
accanto, domandai a Maso: «O que' disgraziati?».